Due mondi che si incontrano, nord e sud. E un matrimonio d’amore che diventa anche amore per la terra. Antonio Zoppi, originario di Bonassola, e Aida Forgione, campana e viticoltrice da generazioni, si conoscono più di trent’anni fa. Decidono di lasciare le loro professioni, imprenditore lui e commerciante lei, che col suo nome, omaggio all’opera di Verdi per via del nonno musicista al San Carlo di Napoli, porta una ventata d’arte in famiglia.
Innamorati di quel luogo che hanno scelto come casa, la Riviera Ligure di Levante, e precisamente il borgo di Bonassola, Antonio e Aida diventano viticoltori, mettendo a frutto saperi e passioni. Negli anni acquistano casolari e terreni nei dintorni, Cinque Terre comprese, e iniziano a vitare, sfidando quelle pendenze che rendono eroica la viticoltura ligure, e sistemando muretti a secco, altra tipicità locale. E così nel 2000 nasce Cà du Ferrà, azienda vinicola e agriturismo, espressione dialettale di “casa del fabbro” perché in queste terre, oggi solcate dai filari di vite, un tempo si ferravano i cavalli.
Negli ultimi anni all’azienda si aggiunge anche il figlio Davide, che dopo la laurea in Giurisprudenza, abbandonata l’idea di diventare magistrato, sposa un altro impegno civico: il recupero di un territorio, il suo, convinto che la viticoltura sia la strada giusta per farlo emergere. Dal suo arrivo all’uscita delle prime etichette e alla certificazione biologica dei vigneti, il passo è breve, così come la creazione di una nuova Cantina, inaugurata nell’aprile del 2018.
Oggi Davide, oltre a essere un giovane viticoltore, è Delegato Provinciale Coldiretti Giovani Impresa della Spezia, Consigliere dell’Enoteca Regionale della Liguria e socio Slow Food. E insieme a Giuseppe, suo marito e responsabile vendite e marketing, la famiglia di Cà du Ferrà adesso è al completo.
Valorizzare un luogo a partire dal rispetto per la terra e per chi la abita, con uno sguardo al passato e uno al futuro. La filosofia di Cà du Ferrà sta tutta qui, nella volontà di preservare un paesaggio unico, a cominciare dai terreni incolti, mantenendolo intatto per custodirne la bellezza. E facendo tesoro della cultura contadina, senza rinunciare agli strumenti moderni.
Le buone prassi, l’attenzione alla naturalità che conduce sulla strada della certificazione biologica, sono i pilastri di questa giovane azienda che punta a portare in cantina un prodotto al naturale per farne uscire vini di eccellenza, nati da vigneti certificati. Un obiettivo reso possibile seguendo il ciclo della natura e uno stile di vita sano e genuino, nelle vigne come in cantina.
Fiore all’occhiello di Cà du Ferrà è il recupero dei vitigni rari e antichi, che si colloca nel solco del ritorno al passato e del rispetto di un luogo com’era in origine.
Per riaccordarsi alle originarie colture viticole, l’azienda, nei terreni di Bonassola, punta a riportare alla luce varietà come il Ruzzese, il Rossese Bianco, il Picabon e l’Albarola Kihlgren, presenti fin dall’antichità nelle Cinque Terre e nella Riviera Ligure di Levante e in parte dimenticati nel corso della storia recente.
L’opera di reimpianto di Cà du Ferrà comincia dal Ruzzese, all’interno del progetto dimostrativo titolato “Il recupero della biodiversità attraverso il reimpianto del vitigno Ruzzese” sostenuto da Coldiretti La Spezia, Regione Liguria e CNR di Torino. E a riprendere vita non sarà solo un vitigno dimenticato che, reimpiantato da due anni a Bonassola, in località San Giorgio, tra qualche tempo ridarà i suoi frutti. Ma anche tradizioni e storie centenarie.
Non tutti sanno, infatti, che il Ruzzese è l’antesignano dello Sciacchetrà, il vino passito identificativo delle Cinque Terre, ottenuto oggi da uve Bosco, Albarola e Vermentino. E che, invece, Cà du Ferrà riproporrà secondo la tradizione di una volta, producendolo dall’uva a bacca bianca del Ruzzese.
E infine, un aneddoto che lega questo antico vitigno a Papa Paolo III Farnese che nella seconda metà del Cinquecento, “Soleva intingere i fichi secchi nell’amabile Ruzzese”. O almeno così narra il suo stesso bottigliere, Sante Lancerio, inesauribile ricercatore di vini d’eccezione da offrire al banchetto papale.
I vigneti di Cà du Ferrà, tutti esposti a sud, si sviluppano su 4 ettari distribuiti in 4 comuni diversi: Bonassola, Levanto, Vernazza e Riomaggiore, interessando, quindi, anche il territorio a tutela del Parco Nazionale delle Cinque Terre. Qui le vigne, coltivate a filari e a pergola, guardano il mare, baciate dal sole e dalla brezza salmastra. Lo sforzo aziendale, in una regione dove la viticoltura è già di per sé epica, con la dispersione dei terreni, aumenta. Ma il paesaggio naturale, dove onde d’erba, i famosi “terrazzamenti”, incontrano le onde del mare, compensa ogni fatica.
I vigneti di Cà du Ferrà sono tutti polivarietali, con piante di Vermentino, Albarola e Bosco, fra i bianchi, e piante di Sangiovese, Merlot, Ciliegiolo, Syrah, Granaccia e il raro Vermentino nero, fra i rossi. Solo i vigneti di Riomaggiore sono coltivati esclusivamente a Bosco e si raggiungono dopo 4 minuti di monorotaia, uno dei caratteristici “trenini” introdotti negli anni ’80 in queste terre per rendere più praticabile la viticoltura, diventando essi stessi motivo di attrazione.
Il microclima della zona, con temperature miti e una brezza costante a cullare le vigne, facilita la crescita rigogliosa dei grappoli. L’altitudine, ovunque tra i 350 e i 400 metri s.l.m, scende a quota 50 solo a Riomaggiore, dove, più che altrove, la vicinanza al mare restituisce alla vite la mineralità e il sentore di roccia.
Fonte: Cà du Ferrà